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₿itcoin, seconda parte

Dopo aver affrontato la storia e i concetti alla base del funzionamento del Bitcoin nel nostro primo articolo a riguardo, continuiamo la trattazione andando a scoprire nello specifico come funzionano le transazioni, il mining e la supply chain.

Una transazione in Bitcoin va da chi la compie (user) a chi la valida (miner). Quando viene effettuata, il primo controllo che il network svolge è se il portafoglio associato a quella chiave pubblica dispone effettivamente dei Bitcoin che desidera spendere. Attraverso il sistema UTXO (Unspent Transaction Output) i nodi controllano che l’indirizzo abbia una quantità residuale dei Bitcoin ricevuti maggiore o uguale alla spesa che desidera compiere. Questa operazione può essere condotta da chiunque desideri farlo, data la natura pubblica e trasparente della blockchain.
Una volta superata questa prima fase la transazione verrà messa in coda sulla blockchain fin quando non sarà validata e chiusa all’interno di un blocco.

Per essere inserite all’interno di un nuovo blocco, le operazioni devono prima essere validate dai nodi con l’algoritmo di consenso che abbiamo già citato.
Un blocco in fase di elaborazione contiene principalmente tre elementi: tutte le transazioni fatte in quel periodo (coda), un riferimento al blocco precedente (il suo hash) e una parte variabile detta nonce (quella sulla quale i nodi andranno a competere), che altro non è che un hash target che i miners dovranno raggiungere per vincere la competizione.
Riprendiamo per un attimo l’esempio dei dadi: i miners lanciano i loro 10 dadi e competono fra loro per ottenere una somma dei punteggi maggiore (ad esempio) di 50, il primo fra loro ad ottenere il punteggio target, vince la competizione e valida il blocco. Tutti gli altri partecipanti saranno in grado di constatare che il lancio del vincitore sia effettivamente maggiore del target e raggiungere il consenso.
Il protocollo però è costruito per adattarsi al numero di partecipanti al gioco, e al crescere di questi, aumenta anche il punteggio target da raggiungere per vincere la competizione, tramite un parametro che prende il nome di difficulty.

Citando Andreas Antonopoulos è incredibile come grazie a questo algoritmo il network del Bitcoin abbia l’abilità di raggiungere il consenso, distribuito fra soggetti che non si fidano degli altri.

Il protocollo è strutturato per mantenere il rapporto fra la potenza di calcolo con cui vengono generati gli hash e la difficulty tale per cui venga generato (minato) circa 1 blocco ogni 10 minuti.
L’operazione di mining costa, dunque, energia (per generare quanti più hash possibili al secondo) che viene remunerata dal network al vincitore della PoW con l’emissione di nuovi Bitcoin.

L’halving, il processo automatizzato per la distribuzione della supply di Bitcoin, è costruito in modo da dimezzare la ricompensa che ricevono i miners ogni 4 anni. Il parametro, per la precisione, sarebbe un preciso numero di blocchi elaborati, ma mantenendo il rapporto potenza/difficulty stabile, il tempo per raggiungerlo è sempre uguale e definito appunto in circa un quadriennio.
Il primo ciclo di halving distribuiva 50 Bitcoin ogni blocco minato, col tempo le ricompense si sono ridotte a 25, poi 12,5 ed ora 6,25.
Basta fare un breve calcolo per capire che si arriverà ad un punto in cui nuovi Bitcoin non potranno più essere creati ed infatti, al contrario delle valute fiat, l’offerta è determinata e pari a 21 milioni di BTC.

Il sistema monetario tradizionale è costruito per avere un’offerta di moneta potenzialmente illimitata.
Infatti, uno degli obiettivi primari delle politiche monetarie delle banche centrali è quello di mantenere l’inflazione ad un livello naturale del 2% circa. Per questo, l’immissione di nuova liquidità dev’essere tale per cui la moneta non perda più di quella percentuale del suo potere d’acquisto. Il valore della moneta dipende (tra i vari fattori) da quanta ne è in circolazione; quindi, banalmente, da quanto le banche centrali decidano di produrne o assorbirne.

Cosa significa invece avere una moneta che ha una politica monetaria fissa e immutabile? In termini teorici, significa che il Bitcoin è costruito per diventare deflattivo. La deflazione è la condizione opposta all’inflazione, per cui vi è un aumento del potere d’acquisto della moneta.
Il processo che porterà il Bitcoin a diventare deflattivo richiederà molti anni visto che ciò avverrà quando l’offerta di bitcoin sarà esaurita – secondo le stime, attorno al 2140.
Tuttavia il processo di halving fa sì che l’offerta di bitcoin sia sempre più scarsa e che al termine di ogni ciclo il prezzo aumenti, visto la crescente difficoltà nel creare nuova moneta. Storicamente i bull market del bitcoin si sono verificati negli anni di halving: 2013, 2017, 2021. Benché l’esaurimento dell’offerta sia ancora lontano, la supply circolante ad oggi è già pari a circa 18,9 milioni.

In parole povere, la cryptomoneta ideata da Nakamoto è, almeno teoricamente, costruita per acquistare valore nel tempo, caratteristica principale per cui una delle narrative più in voga lo vede come riserva di valore.
Citando Jeff Carrie (Global Head of Commodities Research nella Global Investment Research Division di Goldman Sachs) il Bitcoin può essere pensato come un «risk-on inflation hedge» ossia una copertura contro l’inflazione. Un discorso simile a quello che viene fatto con l’oro (risk-off), ma con aggiunta una componente di rischio legata all’elevato grado di speculazione che ruota attorno a quest’asset.

Il Bitcoin è uno strumento che ha indiscutibilmente dell’incredibile, dalla sua struttura al suo scopo, e la sua portata è dirompente. Le nuove forme di valute digitali hanno le potenzialità per cambiare radicalmente il modo con cui usufruiamo di molti servizi finanziari, e non solo. Potrebbero addirittura stravolgere alcune istituzioni economiche e politiche che ora ci appaiono indispensabili, fino ad arrivare a rivoluzionare completamente il sistema economico internazionale.

Il tutto, ricordando quel punto di partenza così misterioso e controverso: Satoshi Nakamoto, un nome senza identità né volto. L’inventore di qualcosa di così grande, che tuttora rimane nell’anonimato: dopo aver minato il primo milione di Bitcoin (che ad oggi varrebbero circa 37 miliardi di euro), sembra essere scomparso nel nulla.