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Come si è arrivati al Mattarella-bis? Analisi di un fallimento politico all’italiana

Siamo arrivati al termine di uno dei riti più importanti per la democrazia italiana: l’elezione del Presidente della Repubblica.

Superate le settimane in cui lo Spirito del Cavaliere passato aleggiava (o incombeva) sulle nostre teste, queste elezioni hanno segnato un ulteriore ed invalicabile spartiacque tra la classe politica, che sembrava quasi propensa all’idea di Berlusconi al Colle, e il popolo, che non ha dimenticato. La rielezione del presidente Sergio Mattarella è stata estremamente travagliata e ha mostrato le immense crepe che il governo attuale ha provato a nascondere per mesi sotto il tappeto, come si fa con l’ultima riga di polvere che rimane sempre fuori dalla paletta della scopa.

A questo punto entrano in gioco i grandi elettori, dei quali si è vociferato molto negli ultimi giorni per via degli imbarazzanti teatrini da puerile scolaresca alle prese con l’elezione del rappresentante di classe, a suon di Rocco Siffredi, Amadeus e Barbero. Sono loro che secondo le disposizioni costituzionali devono eleggere il Presidente della Repubblica.

Ma come si è arrivati al bis?

Primo scrutinio:

Le elezioni hanno avuto inizio lunedì 24 gennaio alle ore 15.00, presso Montecitorio, e se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera, questo primo scrutinio che si è concluso con una fumata nera lo ha ben dimostrato, ma all’opposto. Nessuno dei nomi ha ottenuto la maggioranza dei due terzi stabilita per le prime tre votazioni (672 voti). Nello specifico, i votanti erano 976, le schede bianche erano 672, le schede nulle 49.  Alla sera, nel vertice del centrodestra, apparentemente appoggiato dai grillini, compare il nome di Franco Frattini, ex Ministro degli Esteri e filorusso per definizione, proprio mentre al confine ex sovietico tuona(va) la parola guerra. E’ il principio di un’epopea caoticamente interminabile che vede protagonisti certi amori che fanno giri immensi e poi ritornano.

Secondo scrutinio:

Martedì 25 gennaio, la giornata si apre con l’incontro tra Matteo Salvini e Mario Draghi. Al pomeriggio il clamoroso incontro tra Salvini e Giuseppe Conte, i nuovi Ulay e Marina Abramovic. Anche questo scrutinio non porta a nessun risultato soddisfacente: le schede bianche sono 527, proprio per il mancato gradimento del centrosinistra su Franco Frattini, le nulle 39, i più votati Maddalena e Mattarella, con 39 voti. La notizia principale è che il centrodestra ha ufficialmente proposto tre candidati: Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera. Nomi non ben accetti dal centrosinistra, che quindi ha protratto le consultazioni al giorno seguente.

Terzo scrutinio:

Mercoledì 26 gennaio, ultima votazione con quorum a due terzi degli elettori. Il centrosinistra si spacca in preda ad un folle atto di autodistruzione: Giuseppe Conte è magneticamente attratto dal centrodestra, Enrico Letta desidererebbe partire per Bora Bora fingendo di non avere alcuna responsabilità: è il caos. Il nome di Mario Draghi cala nelle quotazioni in maniera inversamente proporzionale alla confusione generale, inizia ad essere lampante il fatto che ormai non si sappia più che via imboccare. Di qui l’ennesima fumata nera: 412 schede bianche, il più votato Sergio Mattarella con 125 voti, nel mentre avanza anche il nome di Pier Ferdinando Casini, 52 voti.

Quarto scrutinio:

Giovedì 27 gennaio, giornata della memoria, significativa è infatti anche la presenza di Liliana Segre. Il quorum scende al 50%, basteranno quindi 505 voti per eleggere il tredicesimo Capo dello Stato. Il centrodestra decide di astenersi, in totale sono 441. Sergio Mattarella sale a 166 preferenze, il parlamento inizia a mandare messaggi neanche troppo impliciti, considerando le poche schede bianche (267) frutto dell’indicazione del centrosinistra.

Quinto scrutinio:

Venerdì 28 gennaio, da oggi le votazioni giornaliere diventano due. Il centrodestra manda in campo il cosiddetto asso di briscola, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Viene letteralmente gettata al macello, con tutte le sue forze ottiene 382 voti, facendo emergere quel terremoto che si stava silenziosamente svolgendo tra le trafile del centrodestra: sulla carta i grandi elettori dovevano essere 400. Il leader Matteo Salvini evidentemente non è riuscito a tenere a bada neanche i suoi, subendo un duro colpo da parte dei franchi tiratori. Gli astenuti sono 406, in buona parte del centrosinistra.

Sesto scrutinio:

Venerdì 28 gennaio, ore 16:30, sesta votazione, sesta fumata nera.

Dopo il flop nella mattinata della Casellati, Sergio Mattarella ottiene un totale di 336 voti, con 445 astenuti (non raggiungendo perciò il quorum). Sono scesi in campo i cosiddetti “peones” indicando la via a i leader dei partiti, troppo impegnati nel porsi veti a vicenda.

Il messaggio non è affatto banale: la democrazia è una soggettività policentrica ed è realmente fondata su un potere frammentato nel corpo sociale, non più concentrata in singole mani chiaramente riconoscibili.  Inizia quindi a palesarsi, dopo un giro immenso, l’ipotesi di un Mattarella-bis, nonostante il presidente uscente abbia espresso più volte la sua indisponibilità.

Le trattative si fanno serrate e rovinosamente fallita l’ipotesi Casellati, Matteo Salvini prova con l’ultimo colpo: Elisabetta Belloni, diplomatica italiana con una lunga carriera di alto profilo alle spalle e dal 2021 direttrice del Dis (Dipartimento per le Informazioni di Sicurezza). L’ipotesi divide definitivamente il centrodestra, con Forza Italia che si defila decidendo di partecipare autonomamente alle trattative. Conte, che dalle retrovie continua ad ammiccare a quella opposizione a lui in fondo tanto cara, si scontra presto con la bocciatura da parte di Enrico Letta.

Settimo scrutinio:

Sabato 29 gennaio, saltata l’ipotesi Elisabetta Belloni, senza ulteriori dubbi è il giorno di Mattarella. Dopo la spaccatura interna ai grillini, Casini fa un passo indietro da vero signore, ammettendo la sua candidatura solo nel caso in cui fosse unitaria. Nella mattinata non è ancora stato raggiunto il quorum, Mattarella si ferma a 387 preferenze. A scendere in campo è stato anche il premier Mario Draghi, contattando tutti i leader per convergere sulla rielezione dell’uscente presidente e chiudere così la partita.

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Ottavo scrutinio:

Sabato 29 gennaio, nel pomeriggio si è tenuto l’ottavo ed ultimo scrutinio della settimana, che inizia con l’accordo tra i capigruppo per chiedere all’unisono la riconferma del Presidente Mattarella, il quale risulta disponibile al bis. Alla fine della giornata c’è l’intesa della maggioranza: 983 i grandi elettori votanti, 0 gli astenuti, 25 schede bianche, 13 nulle. Alle 20.40 arriva il risultato dello spoglio: 759 voti per Mattarella, il secondo Presidente eletto con più voti nella storia della Repubblica italiana, (secondo solo a Pertini che nel 1978 ottenne ben 832 voti, al sedicesimo scrutinio) e che ci accompagnerà fino al 2029.

“I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico e su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e che naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”.

Con queste parole il Presidente Mattarella ha concluso il discorso discorso tenuto al Quirinale subito dopo la comunicazione della proclamazione.

Forte è l’emozione per la rielezione di un Presidente della Repubblica che già nello scorso settennato ha lavorato ineccepibilmente ed instancabilmente, ma da queste giornate emergono anche molte zone d’ombra di un governo estremamente fragile. Nessun partito ha avuto la forza di imporre o negoziare nulla ed è per questo che se ne è usciti così, senza né vincitori né vinti.

Il finale lascia un certo amaro in bocca, perché ammissione del fallimento di un’intera classe politica non in grado di trovare un accordo (per la seconda volta consecutiva, dopo Giorgio Napolitano), perché si è giunti a dover implorare un Presidente a rimanere lì, nonostante egli avesse in serbo altri piani: tante tramutazioni, per poi decidere di non cambiare.

Diversi nomi fatui, che mostrano come nessun partito fosse realmente interessato a trovare un accordo comune, ma come ognuno cercasse di tirar l’acqua al proprio mulino. Il risultato dimostra come in realtà la concezione stessa di partito stia venendo spazzata via da leader che strizzano l’occhio solo ai consensi, nell’indifferenza di una società mai stata così distante dalla politica, nell’impassibilità di una popolazione che soffre di una mancanza di politica stabile, ed è ben visibile dalla sempre minor affluenza al voto. Tutti finti, felici e contenti annunciano un successo, facendo a gara di like intestandosi una vittoria, la cui assenza è sotto gli occhi di tutti.

L’unica eccezione è Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) che non ha perso tempo nell’inveire contro l’intera maggioranza politica e annunciando la necessità di una rifondazione del centrodestra.  Una mossa che in realtà potrebbe farle assumere molti consensi in vista delle prossime elezioni, a fine legislatura nel 2023, momento in cui è ipotizzabile che possa finire anche il mandato del capo dello Stato, nel caso in cui dovesse concretizzarsi il turno di Mario Draghi. Solo ipotesi, dato che i capigruppo non ne hanno discusso anticipatamente durante la riunione dello scorso sabato pomeriggio.

Buon lavoro Presidente e che possa farci, per l’ennesima volta il miracolo di un nuovo governo, migliore.