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Ennio

6 Luglio 2020. Il Maestro è sceso dal podio lasciando la bacchetta sul leggio, ha salutato la sua orchestra con affetto e dopo novantadue estati ha incontrato l’eterno riposo.
78° Mostra internazionale del cinema di Venezia. “Peppuccio” Tornatore narra la vita del direttore d’orchestra attraverso il racconto di tanti amici, accompagnati dalle sue più celebri colonne sonore. Ennio è un omaggio ad un gigante della cultura mondiale: Ennio Morricone .

 

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Il documentario, al cinema dal diciassette febbraio, è diventato in poco tempo un caso mediatico. Uscito in vicinanza di due attesissimi film, Ucharted e Assassinio sul Nilo, Ennio ha incassato un milione di euro soltanto nella prima settimana, un risultato sorprendente per un documentario. Nel corso di centosessanta minuti ascoltiamo le parole di numerosissimi testimoni, fra questi: Clint Eastwood, Quentin Tarantino, Oliver Stone, Terrence Malick, Hans Zimmer, John Williams, Wong Kar-wai, Dario Argento, Bernardo Bertolucci, Quincy Jones, Bruce Springsteen, Carlo Verdone, Marco Bellocchio, Joan Baez, Liliana Cavani, Vittorio Taviani, Lina Wertmüller, Laura Pausini, Gianni Morandi, Paul Simon.

L’opera di Tornatore alterna interviste con materiali d’archivio distaccandosi radicalmente dalla struttura classica dei documentari. La pellicola è il frutto di un magistrale lavoro prodotto da un regista capace di unire arte e vita, musica e poesia, per donare al pubblico l’anima dell’artista. Emblematica l’intro: il Maestro intento a fare ginnastica nel suo studio. Incipit formidabile, che fa cogliere la rigida base di disciplina formata nei primi anni di vita di Morricone.

Il turbinio di emozioni regolato da momenti di estasi con momenti di tristezza. La figura estremamente rigida del padre. unica ragione per cui Morricone cominciò a vivere di musica, obbligando il figlio a suonare la tromba ed entrare nell’accademia di Santa Cecilia. Il grande amore per la moglie Maria. pilastro della sua vita e prima ascoltatrice di ogni opera del marito, il vero “tema d’amore” della vita del Maestro. Il rammarico di non aver mai ottenuto la giusta considerazione da quel mondo accademico di cui avrebbe voluto far parte: in primis dal suo mentore Goffedro Petrassi, compositore che lo ha fortemente influenzato. La commozione sul palco del Kodak Theatre durante la consegna degli Oscar: arrivato troppo tardi – 2007 e poi 2016 – condito dall’enorme applauso della platea hollywoodiana che simbolicamente cerca di scusarsi per la ritardata onorificenza.

La grandezza del documentario è da ricercare nel “montaggio polifonico” che, come una sinfonia, armonizza voci suoni e sentimenti, rendendo incredibilmente scorrevoli le quasi tre ore di durata. Come se fosse una lezione universitaria basata sulla vita di Ennio Morricone, lo spettatore entra nell’intimo dell’artista, tradito dagli occhi pieni commozione che maldestramente cercava di celare.

Sguardi, lacrime, risate,  confessioni, silenzi eloquenti quanto grida, si alternano con genuinità formando un viaggio: dall’infanzia e gli esordi, alle collaborazioni con Tarantino e la musica sperimentale, per poi passare ai racconti di Gianni Morandi, Edoardo Vianello e Gino Paoli, che riconoscono la fortuna dei i loro più grandi successi a gli arrangiamenti innovativi del Maestro. Arrivando fino al mondo artistico che più gli ha donato fama e rispetto: il cinema. Spiccano su tutte le colonne sonore per film realizzate con l’ex compagno di scuola Sergio Leone. il loro amore-odio unito a un’immensa stima reciproca, concepirono dei capolavori come Per un pugno di dollari” e “C’era una volta in America”. Il regista e il compositore iniziarono un sodalizio fondamentale per lo sviluppo del cinema moderno, capace di influenzare generazioni di artisti. Leone è anche il protagonista dell’unico rammarico del Maestro: la mancata collaborazione con Stanley Kubrick per Arancia meccanicamai avvenuta per via di una telefonata fra i due registi, in cui il padre degli spaghetti western disse al regista americano che Morricone non era disponibile perché già impegnato per la colonna sonora di “Giù la testa”.

Sul finire del documentario, lo spettatore resta con un senso di vuoto. Percezione mossa dalla visione di un racconto immenso. La proiezione di una vita incredibile. Costretto a vivere di un’arte per imposizione, che decide di stravolgere. Un uomo semplice, senza sovrastrutture, delle mani divine e gli occhi di un bambino, è riuscito a rendere intensa ogni nota scritta sul suo pentagramma.