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LA COSCIENZA DI ZETA

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Generazione Z: “Una speranza per il paese”

Da una parte  la Generazione Z, costantemente etichettata come inerte, rinunciataria, smarrita, priva di speranze per il futuro, noncurante della situazione socioeconomica del paese. Dall’altra Sergio Mattarella, Capo dello Stato, che lo scorso 16 gennaio, nel discorso d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli studi del Piemonte Orientale, ha aperto gli occhi su ciò che questa generazione rappresenta per il paese: «un motivo di speranza». Un discorso intenso e diretto, in cui il Presidente ha sottolineato la forte responsabilità che gli adulti e la società tutta hanno nel processo di crescita e sviluppo dello spirito critico e del desiderio dei ragazzi. Inoltre, le parole del Capo dello Stato evidenziano l’importanza del ruolo delle Università, luoghi della formazione culturale, capaci di trasmettere sapere e conoscenza, ma soprattutto di rendere ognuno consapevole del proprio futuro.

La ricerca di parametri di ispirazione è inevitabilmente parte del ciclo di vita, un processo a cui l’essere umano è abituato sin da piccolo: non a caso, le capacità delle figure di riferimento di analizzare e rispondere alle esigenze che il bambino richiede, sono le basi delle future capacità che l’individuo avrà per sapersi gestire autonomamente. La teoria dell’attaccamento, studio dello psicanalista John Bowlby, esamina la fondamentale soddisfazione del bisogno di connessione del bambino, che consente contemporaneamente lo sviluppo delle forme di separazione dalle sopracitate figure. In altre parole descrive lo sviluppo di autonomia e competenza. Le figure di riferimento, infatti, per consentire l’autonomia del bambino, devono essere in grado di guidare, dando consigli; disapprovare e reindirizzare, spronando la crescita dell’individuo; lasciare spazi autonomi in cui il soggetto possa prendere iniziativa, sbagliare e reinventarsi.

Sergio Mattarella con poche e puntuali parole si è schierato dalla parte dei giovani, abbandonando e rifiutando la retorica che osserva la Generazione Z come perduta nella propria accidia. Il suo discorso, oltre ad essere un incoraggiamento per i ragazzi, mira a spronare gli adulti e la responsabilità che questi ultimi hanno nei confronti dei giovani, come esempio in cui riconoscersi per crescere. È da sottolineare come il Presidente abbia compreso le finalità dei ragionamenti e delle azioni della GenZ, il cui primo pensiero è sempre rivolto al presente, senza il quale non vi sarebbe futuro. Una generazione che ha coscienza, che conosce i propri valori e ideali, seppur non riesca sempre a metterli in pratica poiché alle volte, troppe, ostacolata. Il manifesto che il Capo dello Stato ha affisso nella mente di tutti è la necessità di dare la parola ai giovani: permettere loro non solo di parlare, quanto di mostrarsi per ciò che sono, per quello che vogliono e vorranno essere.

Allo stesso modo, Umberto Galimberti, professore ordinario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e filosofo, ha da sempre esaminato con attenzione la propensione dei giovani all’osservare il mondo. Il suo saggio La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo, edito per Feltrinelli nel 2018, è la testimonianza di una comunicazione diretta e trasparente con  ragazzi, studenti, lavoratori, figli, innamorati, sognatori e i loro interrogativi. Domande all’apparenza semplici, in cui si snodano temi importanti e singolari della vita di ogni individuo, come la società, la morte, la presenza di Dio, il lavoro, la scuola e l’università, ma anche l’amore. Il libro non è altro che una raccolta delle lettere precedentemente pubblicate su “D” di “Repubblica”, una rubrica tenuta da Galimberti in cui sono stati gli stessi giovani a porre al filosofo i loro dubbi e quesiti, non solo sul presente quanto anche e soprattutto sul futuro. Ad introdurre la raccolta di lettere, un’accurata descrizione di quello che Heiddeger definiva “ospite inquietante”, ovvero la negazione di ogni valore e che Galimberti ha chiamato nichilismo attivo: il sentimento che ogni individuo porta con sé, affronta e deve affrontare per non perire. Secondo Nietzsche il nichilismo è l’assenza della risposta al perché, distinto in nichilismo passivo e nichilismo attivo, quello in cui l’uomo sarà capace di accettare la vita nella sua caoticità e di imporre su di essa la propria volontà di potenza. E, dunque, i quesiti dei giovani, senza risposte, si distruggono, come distrutto è l’orizzonte entro cui questi ultimi possono muoversi in una società complessa come quella contemporanea.

 

Per comprendere come districarsi al meglio, Galimberti cerca di offrire le sue risposte senza sentenziare né consigliare, ma portando il lettore a rielaborare i propri pensieri, le proprie domande, fornendo degli strumenti, i migliori possibili, per far in modo che ogni individuo possa affacciarsi al mondo e affrontarlo a proprio modo.

Il suggerimento del filosofo è quello di porsi in ascolto: ascoltare il prossimo e soprattutto i giovani, figure che possono essere comprese a pieno solo in un dialogo diretto, non mediato da altre figure come psicologi, sociologi, insegnanti e educatori che, seppur importanti e fondamentali, non riusciranno a cogliere l’essenza del singolo, l’unicità che ogni individuo porta con sé e che esprime in un confronto.

Se il mondo ascoltasse il grido della generazione Z, le sue necessità, le sue proposte e le accogliesse, probabilmente non si ridurrebbe ad etichettarla come una generazione di nichilisti, quanto piuttosto di individui determinati, curiosi, desiderosi di innovazione e rispetto verso il prossimo, il pianeta, l’esistenza.