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Green Screen – Cos’è e come funziona

C’è una grande quantità di film che al solo primo sguardo ci fanno domandare: «come è stato possibile realizzarli?».

Ad esempio, questa scena di Matrix:

Che sul set in realtà risultava essere così:

La parete verde che si vede dietro è un green screen. Il cosiddetto intarsio a chiave di colore, anche noto come chroma key o, nel gergo comune, green screen o blue screen, è una tecnica fotografica e cinematografica usata per sovrapporre due immagini o video differenti. Il suo utilizzo più classico è quello di riprendere un oggetto o un attore posizionato davanti ad un fondale di colore uniforme (appunto, blu o verde) e sostituire, in un secondo tempo, le zone di quel colore con un altro sfondo, finto o reale che sia.

Per il green screen, solitamente si predilige il colore pantone 354C, non scelto arbitrariamente ma per il fatto che è il meno diffuso tra le diverse gradazioni di colore dei soggetti umani. Tutte le parti del corpo hanno tendenzialmente tonalità molto distanti dal verde, il che rende lo sfondo più facile da identificare per algoritmi di codifica video che dovranno sostituirlo.

Uno dei problemi che si possono riscontrare usando la tecnica del green screen è la comparsa di un alone verde attorno alla figura. I pixel più vicini al soggetto in primo piano sfumano dal verde dello sfondo alla tinta del soggetto, sfuggendo alla sostituzione operata dal software. Questo effetto si chiama aliasing e sebbene sia spesso considerato positivo (per esempio per ottenere delle ombre), in questo caso risulta dannoso. Solitamente i software sono muniti di vari strumenti per poter superare questo ostacolo, i così detti filtri anti alias.

Il primo nella storia a creare qualcosa di simile fu George Méliès, nel suo «L’homme à la tête en caoutchouc». L’espediente utilizzato da Méliès non era certo un chroma key come lo conosciamo oggi, ma una sorta di doppia esposizione. Grazie a delle sagome poste davanti all’obiettivo venivano impresse zone diverse della pellicola a ogni ripresa.

Qui, ad esempio, sono state effettuate due riprese. La prima per l’ambientazione esterno, la seconda per il volto centrale. Nella prima lo spazio centrale è coperto con una sagoma posta davanti all’obiettivo, in questo modo quella zona di pellicola non ha impresso alcuna immagine. La seconda ripresa al contrario è realizzata coprendo con una sagoma la parte di obiettivo che andava ad imprimere la scena intorno, e riprendendo quel viso. Facendo questo, viene quindi impressa un’immagine nella zona di pellicola lasciata vuota, e non nelle restanti.