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La storia del manga

Se avete mai sognato di risvegliarvi con poteri eccezionali, combattere malvagi e subdoli esseri con attributi paranormali, abitare mondi alieni oppure in un differente periodo storico, il mondo del fumetto giapponese vi farà vivere tutte queste avventure e molte altre. Tuttavia il manga (漫画) ha attraversato molte fasi per trasformarsi in quello che è oggi, un mondo d’intrattenimento per tutte le età con opere dal taglio sia assurdo che realistico, sia comico che filosofico, il cui valore nel 2020 è stato stimato intorno a 23,6 miliardi di dollari e che si prospetta raggiungerà i 48 nel 2028.

Dall’ XI al XX secolo

manga offrono moltissime proposte di lettura agli appassionati di qualsiasi genere e storia, vantando una produzione più che centenaria. I primi sono prodotti tra XI e XII secolo, sebbene non fossero per forma e tematiche simili a quelli che sfogliamo oggi. Emakimono (o emaki) è il nome dato alle opere considerate gli antichi fumetti nipponici, che similmente a questi sono racconti illustrati di narrativa a lettura orizzontale, che uniscono testo ed immagini, trovando però supporto per scrittura, disegno e stampa su un rotolo fatto di carta o seta – tradizione derivante dall’India, arrivata in Giappone attraverso la Cina.

Uno degli emakimono più discussi è un’edizione del 1130 d.C. del Genji Monogatari. Considerato il primo romanzo della storia, tratta della vita di un figlio dell’imperatore del Giappone, Genji, e dei suoi eredi, affrontando nello specifico le loro avventure amorose. Scritto dall’autrice Murasaki Shikibu in uno stile complesso e altamente strutturato, risulta impossibile da leggere in lingua originale senza una conoscenza approfondita della lingua e dello stile dell’epoca (all’incirca l’anno 1000 d.C., corte imperiale giapponese). Il racconto cercava d’incontrare il gusto delle dame di corte, adottando un taglio psicologico-descrittivo dei comportamenti in amore dei protagonisti e delle abitudini di corte dei regnanti. La trattazione si sviluppa in 54 capitoli su tre rotoli differenti, le cui tipiche lunghezze sono 30 centimentri per la larghezza e dai 9 ai 12 metri per la lunghezza.

Genji Monogatari, emakimono

Sono i grandi artisti giapponesi tra 18° e 19° secolo a coniare la definizione di manga, “disegni bizzarri”, declinata però in modo diverso e più letterale rispetto ciò che rappresenta in futuro. Tra i tanti artisti del tempo che si divertirono in questa pratica vi è anche Katsushika Hokusai. Celebre per la “Grande Onda”, il maestro dello stile ukiyo-e disegnò una serie di 15 volumi chiamati Hokusai Manga, con migliaia di immagini sotto forma di schizzi senza narrazione, prove ed esercizi di stile raffiguranti fauna, flora, paesaggi, vita quotidiana e scene soprannaturali.

 

Hokusai manga

Il primo artista giapponese ad usare gli ideogrammi di manga in relazione ad una striscia comica fu Imaizumi Ippyo, il 27 Aprile 1891, pubblicata nella rivista Jiji Shinpō. Il “manga” in questione era una linea di quattro immagini che ritraggono una scena comico-assurda riguardo un pescatore cinese che finisce per cadere nello specchio d’acqua sottostante.

 

La sequenza di immagini era in realtà una copia tratta da un giornale americano chiamato Texas Siftings. Per Imaizumi Ippyo il collegamento con gli Stati Uniti ed il mondo occidentale era quanto mai diretto: nel 1885 si era infatti trasferito a San Francisco per studiare il disegno occidentale, in particolare quello nordamericano. Rifiutato da varie riviste però decise di iniziare a lavorare in un’azienda, la San Francisco Trading Company Kaii Shoten, multinazionale che al tempo importava merce giapponese negli USA; nel 1887 ne divenne il proprietario.

Stabilitosi negli Stati Uniti fino al 1890, Ippyo ritorna in Giappone proprio per intraprendere il percorso artistico e lavorativo nella rivista Jiji Shinpō, fondata da Fukuzawa Yukichi, in cui la sua arte troverà terreno fertile attraverso la copia delle linee comiche americane. Imaizumi Ippyo si spegne nel 1904, all’alba del conflitto tra Giappone e Russia, lasciando come erede alla Jiji Shinpō Kitazawa Rakuten che si ispirerà proprio al lavoro del maestro Imaizumi, diventando uno dei disegnatori preferiti dalla massa e in particolare di Osamu Tezuka, il padre del fumetto giapponese moderno. In questi anni il manga si basa quindi su pochi lavori originali, ispirandosi quanto più possibile alle strisce comico-satiriche nordamericane riadattate per un pubblico giapponese, tuttavia il modo di scrivere e disegnare fumetti sarebbe cambiato radicalmente in poco tempo.

La propaganda durante i conflitti

Come già accennato, all’inizio del XX secolo il Giappone affronta fin dai primissimi anni problemi a livello geopolitico con la Russia per il controllo della Corea e della Manciuria. La Russia desiderava avere un porto utilizzabile anche durante il periodo invernale, a differenza di Vladivostok, e Port Arthur (oggi Lüshunkou), sembrava un’ottima opzione. I nipponici però non volevano riconoscere la presenza russa in quella zona a meno che non fosse garantito al Giappone il controllo della Corea. Il Giappone quindi il 10 Febbraio 1904 dichiara aperto il conflitto con la Russia, dando il via alla Guerra russo-giapponese, conclusasi un anno dopo con la vittoria del Giappone ed il Trattato di Portsmouth mediato da Theodore Roosevelt, in cui Corea e Manciuria passano sotto la sfera d’influenza nipponica.

Con l’avvicendarsi delle guerre mondiali il Giappone ha sempre ricoperto delle posizioni importanti, trovandosi sia dalla parte del vincitore che del vinto. Nel primo conflitto partecipò alleandosi con la Triplice alleanza, ottenendo dal conflitto l’ampiamento della sua influenza sulla Cina. Durante la Seconda guerra mondiale invece il Giappone si allea con la Germania nazista e si ritira dal conflitto solo dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e l’occupazione dalle truppe alleate. Il bombardamento nucleare ha lasciato una ferita che ancora oggi è difficile considerare rimarginata e che più volte è stata trattata dai giapponesi stessi sotto molti aspetti e versioni, un esempio è Godzilla, che nei film originali giapponesi può essere visto come una rappresentazione della distruzione nucleare portata dai bombardamenti.

I manga in questo periodo furono usati come un elemento di propaganda, cercando di unificare le opinioni contrastanti dei cittadini riguardo la guerra. I mangaka (disegnatori di manga) furono quindi sollecitati dal governo ad inserire un taglio politico e nazionalista nei racconti, esaltando e pubblicizzando l’immagine del soldato e del patriota, senza però sostituire totalmente quel tratto satirico e spensierato che fino ad allora aveva caratterizzato la produzione fumettistica giapponese.

Norakuro

Nasce dunque l’heitai (soldato) manga: si iniziano a sfruttare personaggi surreali e antropomorfizzazioni di animali, senza rendere troppo realistici gli ambienti e le situazioni in cui si trovano i protagonisti. I personaggi che furono creati e che si ricordano ancora oggi purtroppo non sono molti, come Norakuro (rispettivamente randagio e nero), cane soldato inizialmente pigro che con il procedere del conflitto assume tratti da eroe di guerra in situazioni sempre più realistiche, e Fuku-chan no Kishuu in cui un ragazzo affronta il covo di una banda di ladri che terrorizza la città in cui vive, liberamente basato sull’attacco giapponese a Pearl Harbour.

Fuku-chan no Kishuu

Nella propaganda e nel realismo degli avvenimenti il mondo giapponese si comporta in modo molto differente dal fumetto americano, che tenta di decontestualizzare le vicende, modificandone tempo d’ambientazione e protagonisti, mantenendo però le situazioni nel modo più realistico, come in Prince Valiant  e Buck Rogers.

Buck Rogers

La nascita dei manga è stata quindi un processo molto lento, simile all’evoluzione nel tempo dell’intrattenimento, di pari passo con la velocizzazione della società e della globalizzazione. Partendo da rappresentazioni difficili, complesse indirizzate alle caste nobili, piano piano rendendosi sempre più popolari arrivano appunto nei periodi di guerra ad essere sfruttati per l’uniformazione del pensiero, agendo su grandi e soprattutto piccoli, grazie ai toni scherzosi e vagamente satirici.

Sarà il post-guerra ed in particolare Osamu Tezuka – grazie alle influenze occidentali delle strisce di Topolino e dei film d’animazione Disney in generale – a modificare il modo di disegnare fumetti, differenziando e spopolando ancora di più, continuando a trattare però tematiche e filosofie chiaramente orientali, con un immaginario impossibile da trovare al di fuori del paese del Sol Levante.