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L’alfabeto Braille: cos’è, come nasce e come funziona

All’apparenza potrebbe sembrare un insieme di puntini messi a caso, ma è uno strumento essenziale per le persone non vedenti, così che anche loro riescano a “leggere”. Si tratta di un sistema di scrittura basato su sei punti in rilievo (o otto) disposti in un rettangolo ideale, corrispondente a quello del dito indice della mano, in cui la maggior parte dei simboli è universalmente riconosciuta e quindi può essere usato in molte lingue diverse. Il Braille infatti non è una lingua di per sé, ma è un mezzo di scrittura internazionale. Con esso si possono rappresentare le lettere dell’alfabeto, la punteggiatura, i numeri, i simboli matematici, quelli musicali o essere addirittura alla base di enigmi nelle serie animate come i celebri Pokémon (clicca qui per saperne di più)!

La disposizione dei puntini permette di distinguere una lettera dall’altra, per un totale di 64 combinazioni diverse.

A inventare tutto questo è stato il giovane Louis Braille, il quale, purtroppo, perse la vista da entrambi gli occhi all’età di tre anni, a seguito di un infezione dell’occhio sinistro, che portò ad una cecità totale. All’epoca, per le persone non vedenti l’unico destino possibile era quello di diventare mendicanti. Invece, la famiglia decise di iscrivere il ragazzo in una scuola che aveva aperto i battenti da poco: l’Istituto dei Ciechi di Parigi, fondato da Valentin Haüy. Le cose iniziarono a cambiare nel 1821, quando incontrò il militare Charles Barbier de la Serre, che descrisse un metodo basato su dodici punti per scrivere messaggi in rilievo, sistema da lui proposto alle forze armate per i dispacci notturni.

La formula adottata da Barbier consisteva nell’utilizzare dei puntini, disposti con lo scopo di riprodurre i suoni delle parole e non l’alfabeto. L’idea fu giudicata infine troppo complessa per gli studenti e in breve fu abbandonato, ma Braille capì che poteva essere un buon punto di partenza dal quale effettuare ulteriori sviluppi. Nacque così, nel 1829, l’alfabeto di Louis Braille. L’invenzione ebbe un immediato successo, ma non tutti furono d’accordo nell’adottarlo: molte scuole lo bandirono, bollandolo come proibito. Paradossalmente, il divieto di utilizzare il Braille non fece altro che alimentare la sua popolarità.

L’alfabeto Braille oggi è uno strumento imprescindibile, utilizzato praticamente in tutti i paesi del mondo, adattato a quasi ogni lingua conosciuta.

I caratteri Braille sono basati su una cella formata da sei punti disposti in due colonne e tre righe.

I punti sono numerati dall’1 al 6: partendo dall’alto nella colonna di sinistra si trovano i punti 1 o punto in alto a sinistra, 2 o punto in centro a sinistra e 3 o punto in basso a sinistra, mentre nella colonna di destra ci sono i punti 4 o punto in alto a destra, 5 o punto in centro a destra e 6 o punto in basso a destra. La dimensione di una cella Braille è standard, 7×4 millimetri, ed è una dimensione ottimale perché permette di percepire la sua intera superficie e allo stesso tempo di distinguere bene i singoli punti. Con i 6 punti si possono ottenere 64 combinazioni diverse che, però, non sono sufficienti a rappresentare tutti i caratteri. Per ovviare a questo problema, si usano dei gruppi di caratteri Braille per rappresentare i simboli grafici che non corrispondono ad un singolo carattere Braille.

Le prime 10 lettere, cioè dalla A alla J si formano utilizzando i primi quattro punti, mentre le successive dieci lettere, dalla K alla T, sono identiche alle prime 10 con un punto in più in posizione 3. Le lettere U, V, X, Y, Z, sono uguali alle prime cinque lettere dell’alfabeto (quindi dalla A alle E) ma differiscono da esse per un punto in più in posizione 1, 3 e 6. La lettera W non compare nell’alfabeto originale Braille, perché nella prima metà del Settecento, quando il codice venne inventato, la W non era compresa nell’alfabeto francese.

La lingua braille è stata sicuramente una grandissima invenzione poiché ha permesso un miglioramento enorme della qualità di vita della comunità non vedente (o ipovedente), sia a livello di comunicazione e di abilità, sia di integrazione sociale. Essere in grado di utilizzare tale traduttore non è semplice e necessita di un corso braille molto approfondito, dal momento che le sue regole si possono facilmente confondere.