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P.A.N.D.: la nuova strada della lotta alla tossicodipendenza

Il Pand? Ma cos’è?

Il Piano di Azione Nazionale Dipendenza (PAND) è uno strumento di pianificazione delle politiche riguardanti le dipendenze da droghe nelle loro molteplici sfaccettature: dal contrasto, alle norme relative a diffusione e consumo, fino all’organizzazione dei servizi di assistenza e recupero finalizzati al reinserimento sociale. Seguendo le indicazioni dell’Unione Europea, il PAND andrebbe aggiornato ogni 3 anni attraverso un processo partecipativo al quale prendono parte tutti gli stakeholders di riferimento, sia pubblici che privati (Sistema sanitario nazionale, Agenzia del farmaco, associazioni, servizi sociali …). L’Italia è da 12 anni che non riesce a modificare il Piano di azione e la ministra delle politiche giovanili, Fabiana Dadone, del governo uscente Draghi a tal riguardo dichiara;

Il nostro Paese da questo punto di vista non è fra i più aggiornati e anche attraverso il confronto con gli esperti dell’EMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction) che hanno preso parte ai lavori del Pand è emerso forte il bisogno di sperimentare l’efficacia di alcune tipologie di servizi ad oggi poco presenti o del tutto assenti: drug checking e sperimentazioni delle stanze del consumo fanno parte delle proposte emerse“.

Il Bel Paese che rapporto di dipendenza ha con le droghe?

Alcune settimane fa è stata resa nota la relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. Si tratta di un documento tecnico realizzato dal Dipartimento per le politiche antidroga per conto del Governo e presentata al Parlamento. I dati interessanti sono molti ma per restituire una panoramica generale si riporta un grafico esplicativo dell’uso di sostanze psicoattive nella vita.

La cannabis per molti è l’unica sostanza stupefacente che viene utilizzata nella vita e il primo contatto, nella maggior parte dei casi (più del 50%) avviene tra i 15 e 16 anni. Tra i giovanissimi fino ai 19 anni di età, senza distinzione di genere, la quasi totalità delle sostanze consumate è rappresentata dai cannabinoidi, così come oltre il 50% di quelle usate tra le persone fino ai 34 anni.

Il dato più significativo e per certi versi dirompente è che il 91% di chi fa uso di droghe fa ricorso esclusivamente a derivati della cannabis. In altre parole, la cannabis è pressoché l’unica sostanza illegale utilizzata.

Tutte le altre sostanze hanno percentuali di utilizzo molto inferiori e solitamente vengono assunte solo 1-2 volte nell’intera vita, come emerso dalle interviste “per provare”.

L’eroina in termini percentuali è tra le droghe meno utilizzate ma quella con ripercussioni maggiori. Nel 2020 i servizi in Italia hanno assistito complessivamente 125.428 soggetti dipendenti da sostanze (su un totale di 198.497 contatti) di cui 15.671 sono nuovi utenti (12,5%) e 109.757 sono soggetti già in carico o rientrati dagli anni precedenti (87,5%). Circa l’86% dei pazienti totali sono di genere maschile prevalentemente di nazionalità italiana (91,3%). La sostanza più utilizzata tra gli utenti in trattamento è l’Eroina.

Come viene realizzato il PAND?

Il Piano di azione è il frutto di un processo partecipativo tra i vari portatori di interesse sul tema dipendenze. La procedura ha avuto inizio il 2 maggio 2022 giorno in cui si è aperta la fase partecipativa online, nella quale gli esperti selezionati hanno potuto commentare, valutare e proporre nuove priorità e azioni. Questa fase di consultazione si è conclusa il 15 maggio 2022 e sono iniziati i tavoli partecipativi. ll 27 e 28 novembre a Genova si svolgerà la VI Conferenza nazionale sulle dipendenze convocata dalla ministra per le Politiche giovanili. Due gli obiettivi del summit a cui prenderanno parte 18 esperti dalle Regioni, 21 dai ministeri, 24 dal privato sociale, 24 dalla società civile, 20 servizi pubblici oltre a scienziati, medici, membri dell’Aifa, degli enti locali, di ricerca, delle università e assistenti sociali.

Ci sono proposte interessanti?

Al punto 4 delle iniziative da promuovere è espressa chiaramente l’opportunità di «favorire la depenalizzazione, intesa come necessità di rivedere le norme che prevedono sanzioni penali e amministrative a carico di persone che usano droghe». Si aggiunge che, dunque, è il caso di «rivedere la legge attuale passando dal modello repressivo a un modello di governo e regolazione sociale del fenomeno, al fine di sottrarre all’azione penale alcune condotte illecite, contemplate dall’art. 73, rivedendo, contestualmente l’impianto sanzionatorio ed escludendo l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza». A tal proposito il dato evidenzia come il 72,8% delle sostanze menzionate nelle segnalazioni per violazione dell’art. 73 riguarda cannabis e derivati.

Il futuro cosa ci riserva?

Solo dopo il summit che si terrà il 27 e 28 novembre a Genova avremmo qualche certezza in più riguardo il nuovo PAND.

Rivoluzioni in vista non se ne vedono. Con la nuova legislatura a maggioranza centro-destra le possibilità di veder depenalizzato il possesso di cannabis per uso personale sono poche. Si spera che il processo collaborativo di sviluppo del Piano di Azione Nazionale sulle dipendenze possa incentivare l’implementazione di nuove modalità di prevenzione e cura, già sperimentate in altri paesi dell’UE.

Il primis il drug checking, una prestazione rivolta ai consumatori che prevede, a fianco dell’analisi chimica delle sostanze psicoattive, una consulenza individuale in cui porre delle domande a degli specialisti per conoscere quali principi attivi sono contenuti nella sostanza acquistata, nonché stabilirne i dosaggi di uso non letali.

Ulteriore soluzione innovativa, ma culturalmente controversa, sono le stanze del consumo, un ambiente igienico in cui le persone che iniettano sostanze possono consumare sotto la supervisione di personale sanitario.