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Scuole, non campi di battaglia

Dopo oltre cinquanta giorni di guerra, la vita di tutti gli adolescenti ucraini è ormai irreparabilmente cambiata. In alcune province, a seguito della parziale ritirata russa, si torna però quasi a respirare un’aria di normalità.

Timidamente, il popolo ucraino sembra poter di nuovo guardare al futuro; i suoi giovani poter pensare ad una vita tranquilla, passata per larghi tratti nelle aule scolastiche piuttosto che nei bunker sotterranei. Dove i ragazzi un tempo facevano lezione, però, oggi ci sono solo macerie. Il risultato della guerra è anche questo.  Le scuole hanno ripreso la loro normale attività a partire da lunedì 14 marzo solo in otto regioni ucraine: Lvovskaja, Ternopil, Ivano-Frankivsk, Chernivci, Khmelnytsky, Zaporozhye, Odessa, Kirovograd. Ripartono in via ufficiale anche le lezioni nelle scuole e nelle università di Kyiv, ma solo da remoto. L’ha comunicato l’amministrazione comunale militare della capitale, precisando che non ci saranno valutazioni e compiti a casa. L’obiettivo dell’educazione a distanza è infatti quello di «aiutare i bambini, non di creare altro stress e ansia», spiega una nota.

Infatti le tensioni belliche figuratesi lo scorso 24 febbraio, hanno fatto sì che i servizi assistenziali di base, tra cui nello specifico la scuola, siano stati fortemente ridimensionati, mettendo a rischio il futuro di oltre 7,5 milioni tra bambini e ragazzi del Paese, ricorda Save The Children.

Le scuole, specie quelle site nelle aree considerabili maggiormente «sicure», ospitano attualmente rifugiati e sfollati, e alcune organizzazioni non governative provvedono a cibo, acqua, coperte e giochi per bambini, per distrarli in questo periodo buio.

In Ucraina (e nello specifico nelle aree attualmente controllate dalle forze russe e dai miliziani delle realtà autonome del Donbass e della Crimea) sono 548 gli istituti statali distrutti, danneggiati o costretti a chiudere già dal 21 febbraio con l’intensificarsi delle ostilità, fino a nuovo avviso. In queste zone, ovviamente, ad oggi non è prevista nemmeno l’erogazione di lezioni a distanza, visto l’elevato numero di sfollati e di truppe sul territorio che assieme alla costante minaccia dei bombardamenti rendono impossibile portare avanti una vita stabile, figurarsi un sistema di istruzione organizzato.

Negli atenei la situazione, per via del ridotto numero di studenti, risulta leggermente differente: tali istituti avevano già provveduto, per via dell’emergenza sanitaria, a garantire una modalità di didattica mista negli scorsi semestri, tuttavia le lezioni per via della tragica situazione saranno svolte a distanza fino all’arrivo di tempi migliori.

Moltissimi sono gli studenti universitari che hanno preso la decisione di andare al fronte a combattere, nel reparto volontari. Il rettore dell’Università Nazionale Taras Shevchenko di Kyiv (tra le più grandi dell’Ucraina, conta circa tremila docenti, mille ricercatori e trentamila tra studenti ed alunni), Volodymyr Bugrov, ha commentato questa scelta di arruolarsi dei suoi studenti come una «tragedia, perché gli alunni in questo momento dovrebbero essere nelle loro aule a studiare». L’istituto, fa sapere il rettore, è ormai diventato un dormitorio per gli studenti che hanno bisogno di essere ospitati: ad oggi sono oltre 12mila.

Sul web nel frattempo è girata una lettera di condanna della guerra firmata da oltre 4mila tra studenti, accademici, docenti e personale della prestigiosa Università Statale Lomonosov di Mosca. «Condanniamo categoricamente la guerra che il nostro Paese ha scatenato in Ucraina. La guerra è violenza, crudeltà, morte, perdita di persone care, impotenza e paura che non possono essere giustificate da nessun obiettivo. La guerra è l’atto più crudele di disumanizzazione. Esprimiamo il nostro sostegno al popolo ucraino, chiediamo alla leadership russa di cessare immediatamente il fuoco e di lasciare al più presto il territorio dello stato sovrano dell’Ucraina ponendo fine a questa guerra vergognosa. Chiediamo a tutti i cittadini russi che hanno a cuore il loro futuro di unirsi al movimento per la pace. Siamo contro la guerra! No war! ».

Nel mentre la Polonia, che si è dimostrata fin dall’inizio di questa tragedia sostenitrice incondizionata del popolo ucraino, ha provveduto immediatamente a realizzare dei corridoi umanitari per fornire alloggi, pasti caldi e assistenza. In questo contesto, ha dimostrato di non tralasciare l’istruzione dei più piccoli, stroncata dalla guerra. Numerosi asili nido e scuole dove alcuni dipendenti parlano ucraino o russo si sono offerti per provvedere un minimo di didattica a bambini e ragazzi ucraini, prendendosi cura di loro e fornendo assistenza anche ai genitori.

Nel frattempo il Ministro dell’Istruzione italiano Patrizio Bianchi ha commentato a Rai News 24 la situazione dei giovani ucraini nel nostro Paese: «La scuola italiana ha dimostrato ancora una volta grande accoglienza. Sono quasi 15 mila i ragazzi ucraini che sono già inseriti nelle nostre scuole soprattutto tra i 3 e i 13 anni. I più grandi stanno seguendo le lezioni a distanza proposte dal ministero ucraino: il quadro permette ai ragazzi di trovare serenità qui in Italia», con la speranza che i nostri coetanei dell’est Europa possano continuare la loro vita in altri paesi che li accolgono calorosamente, prima di poter fare ritorno a casa.

«Le scuole non devono diventare campi di battaglia dove si scatenano le guerre e gli studenti sono le vittime. Ogni scuola che viene danneggiata o distrutta, ogni lezione persa, è un passo indietro per far sì che i bambini possano sperimentare, imparare ad avere delle prospettive, costruire un futuro migliore», questo è quanto dichiarato da Irina Saghoyan, direttrice di Save The Children per l’Europa orientale, parole alle quali non possiamo far altro che unirci in coro, sperando nel meglio.