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Spettro dell’asessualità – Facciamo chiarezza

Quando oggi si parla di sessualità si corre spesso il rischio di incappare in errori, pregiudizi e ignoranza, ma il rischio più grande rimane spesso quello del pensare di sapere qualcosa di cui invece si sa ben poco. L’Ace awareness week (22-28 ottobre 2023) pare l’occasione ideale per introdurre il tema dell’asessualità.

Quella asessuale (ace) è sicuramente la meno discussa e conosciuta delle comunità LGBTQIA+. La A nella sigla sta proprio per asexual. Per quanto la definizione di questa parola potrebbe sembrare abbastanza semplice, in realtà non è per niente scontata. Perché più che parlare di asessualità, sarebbe opportuno parlare di «spettro dell’asessualità».

Lo spettro asessuale, libido e attrazione sessuale

Lo spettro dell’asessualità è quell’intervallo che descrive il livello dell’attrazione sessuale, che oscilla tra l’asessualità più totale (ossia la mancanza di attrazione sessuale verso qualsiasi genere) e l’allosessualità (l’attrazione sessuale verso uno o più generi).
Alla luce di questa preliminare ed essenziale definizione, appare chiaro che una persona asessuale può provare qualche forma di attrazione. Questo è il principio che sta alla base dello Split attraction model (modello di attrazione divisa), strumento essenziale per comprendere il pensiero asessuale, che separa in primis l’attrazione sessuale da quella romantica (esistono in realtà molti altri tipi di attrazione). Per questo parlare di spettro asessuale vuol dire riferirsi a tantissime categorie intermedie che possono provare forme di attrazione romantica e/o sessuale; ricordando che l’asessualità in sé raccoglie come termine ombrello una poliedricità di particolarismi sessuali per cui non è possibile stabilire univocamente se chi si identifica come tale provi o meno attrazione sessuale. Ma è giusto dire che una persona asessuale in senso strettonon prova un’attrazione sessuale, ma possiede soltanto una libido.

La libido è un istinto che quasi tutti possediamo, designa il desiderio sessuale, su cui influiscono spesso ormoni, e che non necessariamente corrisponde all’effettiva capacità sessuale del soggetto, come definito da Angela Chen nel suo libro Ace, una sorta di compendio contro tutti i pregiudizi e i falsi miti che riguardano la A di LGBTQIA+.
La stessa definisce l’attrazione sessuale come libido con un bersaglio (libido with a target). Le soggettività asessuali hanno una libido, ma non hanno un target su cui indirizzarla. Ed è questo il motivo per cui molte persone ace si masturbano. Inoltre, è importante specificare che il livello di libido è variabile per chiunque, asessuale o allosessuale che sia.
È più semplice affermare che ognuno esperisce la propria asessualità in maniera del tutto personale e particolare. C’è chi ha rapporti sessuali e c’è chi prova solo autoerotismo; c’è chi può innamorarsi, ma poi non ha il desiderio di avere rapporti sessuali; come c’è anche chi potrebbe avere rapporti occasionali.
Ognuno vive e valuta i propri rapporti sessuali nella maniera che gli è più opportuna. In linea generale si può affermare che la quasi totalità delle persone asessuali non vive il sesso come necessità, soprattutto alla base di un rapporto amoroso.

Ad esempio, tra gli asessuali che praticano rapporti sessuali troviamo i demisessuali.
La demisessualità si definisce come incapacità di provare attrazione sessuale se priva di un forte legame emotivo. All’interno dello spettro dell’attrazione sessuale possiamo dire che sia una sfumatura tra l’asessualità e l’allosessualità (un po’ come accade per la bisessualità tra l’omo e l’eterosessualità).
La demisessualità non ha a che fare con l’orientamento sessuale; infatti, una persona demi può essere sia omossessuale, sia eterosessuale e così via. In questi casi sarebbe infatti più opportuno dire omoromantico ed eteroromantico.

Per comprendere meglio cosa si intenda parlando di demisessualità basta tornare agli anni ’60, chiedendo aiuto ad una figura acuta e a tratti controversa: Pier Paolo Pasolini. Attento osservatore della società italiana del secondo dopoguerra, in Comizi d’Amore (1963) conduce un’analisi antropologica e sociologica sui rapporti umani, sulle tematiche dell’amore e della sessualità, in un’Italia da poco uscita dalla Seconda guerra mondiale e fra tutti gli strati sociali della popolazione.
Come detto dallo stesso autore, l’opera si rivela «Una crociata contro l’ignoranza e la paura – questi sono i termini più o meno per una dissacrazione».

Ponendo ai giovani universitari davanti all’Università di Bologna domande riguardo i taboo e le inibizioni della vita sessuale, tra Pasolini ed uno dei ragazzi si apre una discussione:

Ragazzo: «Per me non si può prescindere l’amore dalla vita sessuale, se io compio un atto sessuale c’è un certo amore che mi porta a farlo. Io non posso compiere un atto sessuale con una ragazza che per me sia niente»
Pasolini: «Se lei vede passare una ragazza per la strada, cioè la vede in quanto pura apparizione erotica, prova qualche cosa verso di lei?»
Ragazzo: «Posso dire che è una bella ragazza, che mi piacerebbe, ma finché non la conosco, finché non provo un’attrazione morale, diciamo, verso di lei io non riesco a pensarla come ragazza che io possa amare»

Al contrario, interviene un collega del giovane intervistato, cui Pasolini chiede se sia d’accordo: «No, per me, no, perché io se vedo una bella ragazza il cattivo pensiero – italiano – ce lo faccio»

È in questa sezione (minuto 18:57) che si tirano fuori i maggiori temi dei sistemi della demisessualità e dell’allosessualità. Il primo ragazzo esprime chiaramente tratti del pensiero demisessuale, parla di una certa «attrazione morale», prima della quale egli non potrebbe concepire quella erotica.  Il secondo ragazzo, invece, è esempio di un’allosessualità molto attiva: appena vista una figura che cattura la sua attenzione, ha subito un’attrazione sessuale.

Pregiudizi, coming out e violenza afobica

Pregiudizi e stereotipi descrivono la comunità ace come persone con disturbi sessuali o sessuofobe, concetti in realtà molto distanti dall’identificazione nello spettro asessuale.
Il disturbo sessuale è una disfunzione clinica studiata in psicologia e in psichiatria, spesso legata a varie comorbidità, come la depressione o varie dinamiche psicologiche. Esempi possono essere la mancanza di desiderio sessuale dovuto alla depressione maggiore, l’assunzione si determinati farmaci, le disfunzioni erettili o l’ansia da prestazione. Si tratta sempre e comunque di condizioni mediche e psicologiche che nulla hanno a che fare con l’orientamento sessuale, ma potrebbero riguardare invece la regolazione della libido.
Treccani definisce la sessuofobia come l’avversione intransigente, o anche patologica, per tutto ciò che è collegato all’attività sessuale. È dunque un vero pregiudizio come può esserlo l’omofobia ed è determinato per lo più da un preciso retroscena culturale o personale.

È interessante il fatto che le persone asessuali sono tra le più restie e caute nel compiere coming out, poiché il tema è ancora poco conosciuto e discusso e la probabilità di essere vittime di congetture sbagliate e dei precedenti stereotipi è altissima. Motivazione della poca discussione e conoscenza sull’asessualità è da vedersi anche nei pochi studi affrontati sull’argomento e le altrettanto poche pubblicazioni. Chi si scopre asessuale racconta spesso di non aver avuto le parole per descriversi né a se stesso né agli altri e di non aver sentito di avere il permesso da parte della società allo-normativa in cui viviamo. Angela Chen parla nel suo saggio di «sessualità obbligatoria», come se i più dovessero far corrispondere obbligatoriamente un’attrazione sessuale alla propria libido. Molti preferiscono non mettersi etichette addosso, altri invece nel mettersene si sentono finalmente rappresentati, poiché nell’atto di definirsi c’è anche quello di rivendicarsi.

Ace

Il classico motto «E fattela ‘na scopata!» per una persona che rientra nello spettro asessuale potrebbe essere potenzialmente distruttiva, soprattutto se non ancora consapevole della proprio orientamento. Tale battuta può essere interpretata come una sorta di «sono sbagliato, gli altri fanno sesso e io no, ho un problema», il che lo renderebbe facile scivolare in un baratro di alienazione.

È un coming out più che mai difficile, poiché, oltre alla più banale difficoltà insita della paura di uscire allo scoperto, c’è anche quella di dover spiegare una serie di definizioni, dalla differenza tra libido e attrazione sessuale, allo spettro dell’asessualità, ai diversi tipi di attrazione. È un coming out che si fa per passi, che richiede pazienza e coraggio; spesso per queste enormi difficoltà molti soggetti ace preferiscono il silenzio e l’indifferenza, poiché dovrebbero essere loro in prima persona a istruirci. Se, invece, si prova ad istruirsi da soli, si può rendere loro la vita molto più semplice, mostrando che barriere così rigidamente costruite sono in realtà valicabili e che la vita dall’altra parte è praticabile. Si tratta di rendere più accessibile l’inclusività, di essere più attenti a ciò che viene pronunciato, poiché le parole sono veicolo di tante emozioni e altrettante reazioni.