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LA COSCIENZA DI ZETA

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Una tragedia più che generazionale

In ogni vita ci sono momenti che acquistano una risonanza maggiore, che inducono a riflessioni più intime e strettamente personali. Ci sono tragedie poi, che nonostante coinvolgano pochi individui, accendono i riflettori più di altre e si espandono a macchia d’olio su intere generazioni. 

È questo il caso della tragedia di Casal Palocco che da giorni oramai invade giornali, politica, case e i tanto famigerati social. Le dinamiche dell’incidente stradale, avvenuto in un quartiere della capitale lo scorso 14 giugno, sono state ampiamente riportate dai vari siti di informazione, sebbene esse non siano ancora del tutto chiare. L’attenzione mediatica è stata suscitata dal coinvolgimento di un gruppo di youtuber i TheBorderline, diventati famosi sulla piattaforma per proporre challenge estreme, emulando il modello americano proposto da MrBeast. Ogni sfida cerca di oltrepassare dei limiti umani, che talvolta sfiorano la sopravvivenza per la loro avventatezza e che tengono circa 600.000 utenti connessi allo schermo. Durante una di queste challenge, 50 ore in una Lamborghini, il piccolo Manuel di soli cinque anni, ha incontrato quel momento che, troppo presto, ha messo fine al suo percorso di vita. Lui viaggiava insieme alla madre e alla sorellina, entrambe salve ma in gravi condizione, all’interno di una Smart. Da qui si è aperto un vortice che ci ha tutti risucchiato: tra dolore, rabbia, speculazioni morali e strumentalizzazioni politiche.

Casal-Palocco-The-Borderline

La risposta dei giornali è stata tanto rapida quanto avventata, con titoli clickbait e fake news che miravano a generare un clima di odio, che ha finito, per distogliere, come spesso accade, l’attenzione dal reale problema. È iniziata una caccia alle streghe che ha visto come capro espiatorio l’intera generazione Z.

《 È una generazione sballata. Rimettete la leva obbligatoria, questi ragazzi devono capire il rispetto e l’educazione.》

Sono solo alcuni dei commenti sotto il post caricato da La Repubblica, che spiega l’accaduto. Leggendo i vari pareri, esposti sempre come verità assolute, si nota come il topic venga traslato e lo spazio per una riflessione collettiva diventi invece teatro di guerre generazionali che si accusano a vicenda. Altre pagine di informazione, come CNC Media, prende le parti della gen Z.

《 Se 4 giovani fanno qualcosa di sbagliato, non è colpa di tutti i giovani. Ma solo di quei 4.》

Entra poi, la politica, che in queste divisioni trova pane per i propri denti. Il popolo vuole crocifiggere gli youtuber? Allora propongono una legge, che in realtà già esiste, ma aggiungono il nome youtuber. È questa la modifica che la Lega vorrebbe inserire nell’articolo 414 del codice penale che regolamenta l’Istigazione a delinquere, aggiungendo, secondo il disegno di legge, l’istigazione a delinquere e l’apologia mediante strumenti digitali, prevista già come aggravante. La logica sarebbe evitare l’effetto moda generato da chi compie bravate sul web, afferma il sottosegretario alla giustizia Ostellari. Su altri fronti, Azione-Italia Viva propone di vietare l’accesso ai social ai minori di 13 anni, ponendo inoltre un consenso previo da parte dei genitori per i ragazzi dai 13 ai 15 anni, nonostante sia già presente una regolamentazione che impone come età minima 14 anni. I controlli, tuttavia, sono facili da aggirare, basta mentire sull’età anagrafica, si chiede, infatti, di imporre un identity provider che certifichi i requisiti. Per riassumere, dunque, nessuna effettiva novità, solo cani che continuano a mordersi la coda. 

https://www.instagram.com/p/CtgRf_JMyOy/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

In tutto questo chiasso e in un mare di vinti, le multinazionali, in questo caso YouTube, continuano indisturbate a vincere, monetizzando attraverso inserzioni pubblicitarie il canale dei TheBorderline, che aumenta la sua visibilità grazie anche a tutti noi curiosi che ricerchiamo il profilo per vedere quelle stupide challenge. I genitori, spaventati, chiedono la chiusura di canali di questo genere, che i figli prendono come modello. Chiediamoci, noi, quale modello? Lo stesso che permette, nonostante tutto, di lucrare sopra una tragedia, il più infimo di tutti che non crea più scalpore, perché oramai normalizzato, il Dio Denaro.

Nel 2003 Galimberti in I nuovi vizi e i vizi capitali riflette sulla descrizione dell’accidia, proposta da Pascal e dice:

《 A leggerla bene questa definizione sembra riprodurre la condizione che caratterizza molti giovani del nostro tempo, afflitti da assenza di interessi, monotonia delle impressioni, sensazioni di immobilità, vuoto interiore, rallentamento del corso del tempo e quindi accidia, riconducibile alla presenza di energie non impiegate e perciò affogate in un divertimento che risuona senza eco, perché, nel vuoto intriso di nulla che lo attraversa, non c’è nemmeno quel tanto che possa render avvertibile una risonanza.》

Non si riferiva forse ai giovani della generazione X e Y, gli stessi, che cresciuti inneggiano sotto ai post ad una generazione sballata? In ogni epoca, sin dai tempi di Tito Livio (tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C), si è considerato il passato come un tempo ameno in cui vigevano valori morali oramai decaduti nel presente e nelle nuove gioventù. È un atteggiamento giustificato dalla psicologia, dalla tendenza delle persone a rimuovere dai ricordi gli elementi negativi più facilmente di quelli positivi, contribuendo all’illusione di un passato migliore. Eppure sembra che oggi si stia davvero superando un confine intangibile che conduca ad un punto di non ritorno, rendendoci una generazione borderline, che per una manciata di like si sottopone a qualsiasi sfida. Quei mi piace non sono, però, altro che un diverso mezzo di validazione del potere e del denaro, che la comunità ha normalizzato, ricordiamolo, ad unico vero modello. I confini che i ragazzi oltrepassano sono frutto di una società capitalista, tutt’altro che figlia della Generazione Z. Come possono delle modifiche al codice penale arginare il problema? Se manca un’educazione alla base, se l’istruzione è obsoleta e si innova solo nell’avvicinarsi concettualmente ad un’azienda? 

La colpa della tragedia, è vero, non è imputabile solo ai quattro giovani: è generazionale e le sue dimensioni sono molto più grandi di quelle che pensiamo. Se vogliono offrirci come capro espiatorio, accettiamolo con la stessa rabbia che infiamma il dibattito, senza renderla divisiva. Usiamola per cambiare il vero algoritmo sociale.