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Caro libri: se il digitale fosse una soluzione?

Il nuovo anno scolastico si apre con il consueto giro di acquisti dei libri di testo, questa volta accompagnato dallo stupore delle famiglie davanti alla spesa da affrontare. Già da tempo ormai si parla di rincaro sulla carta e sulle difficoltà di produzione editoriale, che colpiscono direttamente anche l’ambito scolastico. Sebbene il funzionamento della filiera editoriale scolastica sia completamente diverso da quella generalista (principalmente per il fatto che la prima produce sulla base della richiesta legata alle singole adozioni, mentre la seconda si basa sulla sovrapproduzione delle copie fisiche), il mercato dei libri di testo non è esente da alcune delle dinamiche di mercato che interessano in toto il settore editoriale. Una delle dirette conseguenze è un’implicazione che nasconde una contraddizione in termini: studiare costa.

Anche nel sistema scolastico bisogna guadagnare 

Per farmi una vaga idea ho provato a consultare le liste di libri adottati nella mia vecchia scuola. Il costo totale per i libri cosiddetti da acquistare ammonta circa a 300€, per arrivare a superare i 500€ se si includono anche i consigliati. Costi che a tutti gli effetti sono obbligatori per le famiglie, attenuabili unicamente in caso di redditi bassi o affidandosi all’usato.
Il primo dei problemi di questo sistema sorge proprio dall’obbligatorietà di tale spesa. La contraddizione tra il pagare per l’istruzione obbligatoria e il diritto allo studio è uno di quei temi ciclici che ritorna ogni anno, puntualmente fugato brevemente con due risposte: il Fondo per la fornitura gratuita totale o parziale dei libri di testo e la professionalità della filiera. In altre parole, il diritto allo studio è garantito per i meno abbienti e, ovviamente, il lavoro dei professionisti che lavorano alla produzione dei libri scolastici va retribuito, dagli autori ai reparti grafici ed illustrativi. In realtà la vera critica riguarda il sistema in generale, immerso fino al collo nelle logiche economiche e di guadagno, per quanto voglia fingere che la cultura e tutti i circuiti annessi, tra cui l’istruzione a tutti i livelli, ne siano esclusi. Si tratta di riconoscere il fatto che l’istituzione scolastica si stia trasformando in un’azienda il cui unico scopo sia creare forza lavoro, persone che essenzialmente frequentano la scuola solo perché costrette, credendo che questa debba in qualche modo prepararli a lavorare. Il problema del costo dei libri scolastici non è che un’espressione di questa dinamica, essenzialmente capitalista, rivelata anche ad esempio dall’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, ora PCTO.

Chi e quanto si guadagna nella filiera editoriale scolastica?

Non a caso i guadagni relativi alla produzione editoriale scolastica, i cui dati non sono presenti nel rapporto annuo AIE, rimangono ristrette a grandi case editrici, che spesso sono le stesse che dominano anche il mondo generalista. Tra i nomi più importanti in Italia ci sono Mondadori (cui è stata ceduta anche DeAgostini Scuola nel 2021), Pearson Italia e Zanichelli. Il potere fondamentale delle vendite scolastiche risiede nel fatto che rappresentano a tutti gli effetti un mercato sicuro, il cui valore è pressoché costante dato che il numero di studenti rimane all’incirca lo stesso. Un mercato del genere non è trascurabile soprattutto in un Paese come l’Italia, in cui la media totale di libri venduti è pari a meno di due libri pro capite, come riportato nel rapporto dell’Associazione Italiana Editori (circa 112 milioni di copie vendute nel 2022 per circa 60 milioni di abitanti).

Ripensare la scuola attraverso il digitale

Il reale problema alla base di tutto questo è la necessità di un ripensamento di tutto il sistema educativo e di tutta l’istituzione scolastica, come afferma anche Alessio Fabiano – professore e ricercatore presso l’Università della Basilicata – nel suo libro Didattica digitale e inclusione nella scuola dell’autonomia. La necessità attuale a scuola è quella di cercare modalità nuove che integrino la tecnologia e il tipo di informazione a cui lə ragazzə sono abituatə. In questo contesto si potrebbe ripensare un tipo di scuola in cui il supporto principale non è il cartaceo ma il digitale (di qualsiasi tipo), affiancato dal libro fisico.
L’esigenza di avere ancora il cartaceo come dotazione principale nasconde una resistenza strutturale ad un cambiamento che la scuola continua a non voler affrontare, dal punto di vista politico, tanto quanto da quello filosofico. L’istituzione educativa si trova davanti ad un mondo sociale in cambiamento continuo, quella che Bauman chiama società liquida, ed accoglie studentə che a tutti gli effetti si ritrovano un contesto che non può dar loro più nulla.

La scuola dovrebbe recuperare il fondamentale obiettivo di formare persone dotate di una rete di pensieri e di conoscenze tali da riuscire a dare un’interpretazione del mondo che li circonda. In questo il digitale è uno strumento pratico importante, considerando che ad oggi la maggior parte delle nozioni e informazioni su cui si formano le credenze del mondo arrivano dal mondo virtuale. Questo vuol dire anche andare ad agire al livello della cosiddetta educazione digitale, che va standardizzata e inclusa in un percorso formativo che prepari ad affrontare i rischi del web. Ciò ovviamente prevede un personale docente che si aggiorni e che sia preparato non solo a livello nozionistico sul tema, ma che sia anche al passo con il tipo di utilizzo che viene fatto di internet dalla fascia di età più giovane.

In quest’ottica anche la critica più comune all’educazione digitale crolla facilmente. Dal punto di vista didattico il supporto cartaceo viene spesso considerato migliore nell’esperienza di studio, spesso proprio perché si lascia spazio alla valutazione quantitativa e nozionistica delle conoscenze apprese. In realtà spostare il focus sulle esigenze di chi la scuola la vive quotidianamente evidenzia come sia possibile e necessario ripensare anche il supporto fondamentale per l’apprendimento.
Il che risolverebbe anche in parte il problema dei costi, anche se la soluzione non sarebbe così semplice. Gli e-book, ad esempio, non risultano essere una proposta ottimale. Il sistema di vendita infatti è basato sulle licenze di accesso, che vuol dire abbattere i costi di stampa ma non tutti quelli collaterali (diritti d’autore, illustrazione..).
Ma se studiare al momento costa così tanto, è forse il momento di un cambiamento radicale che riporti alla scuola il suo ruolo di luogo di costruzione sociale di sé.